La storia di Alice

La storia di Alice

La storia di Alice

Siamo Andrea e Valentina, genitori di Alice (8 ottobre 2015) e Federico (22 giugno 2018). Quella che vogliamo raccontare è la storia di Alice e la nostra esperienza con l’iperinsulinismo.

Alice ha ora 3 anni e mezzo e dall’età di un mese di vita è in terapia con diazossido, dalla dose iniziale di 15 mg/kg/die fino alla dose attuale di 3.8 mg/kg/die, attualmente in cura presso la Clinica De Marchi di Milano con la dottoressa Menni e la dottoressa Furlan.

Oltre alla terapia farmacologica controlliamo i picchi di glicemia tramite una dieta con pochissimi zuccheri semplici e maizena cruda a tutti i pasti.

Alice è una bambina piena di energia, ama cantare, ballare, giocare con il lego e le barbie. Sa che lo zucchero fa male e fa venire il mal di pancia, tant’è che si lamenta quando Masha prepara la marmellata per Orso mettendoci tutto quello zucchero!

 

Questa è la sua storia…

La nascita e l’ipoglicemia grave

Alice è nata giovedì 8 ottobre 2015 all’ospedale di Vimercate, dopo una gravidanza serena e ben seguita (ho fatto anche la curva glicemica, che era perfetta, nonostante la mia ginecologa non lo ritenesse necessario) e un parto naturale senza alcuna complicazione, che rifarei anche oggi stesso.

I problemi iniziano, purtroppo, a circa 60 ore dalla nascita; fino a quel momento Alice era (sembrava) perfettamente sana: indici di Apgar 10, visita nella norma, glicemia 99 mg/dl, ciucciava al seno con vigore… insomma, perfetta!

Durante la seconda notte di vita, Alice in camera con me, ho l’impressione che sia meno affamata e molto sonnolenta. Chiamo l’infermiera che mi liquida dicendo: “Signora, i neonati non nascono con la fame, la lasci riposare… primo figlio vero?”.

Verso le 7 di mattina, dopo averla attaccata per brevi momenti, mi accorgo che era sudata sul collo. Non so spiegare la mia sensazione di neo mamma alla prima esperienza ma sentivo che quel sudore era “freddo” e sentivo che c’era qualcosa che non andava. Così richiamo l’infermiera che nuovamente mi liquida dicendo: “Signora, l’avrà tenuta troppo coperta, la scopra un po’… avrà caldo”

Ma il mio sesto senso non mi faceva stare tranquilla, così richiamo l’infermiera che arriva molto scocciata e mi dice: “Ok, la porto a controllare, così si rilassa un po’”.

Passano due ore in cui nessuno si palesa finché compare sulla porta una pediatra (..) che mi dice senza un briciolo di empatia: “La bambina è in ipoglicemia. La teniamo sotto controllo in patologia neonatale” e sparisce.

Più tardi, con Andrea, andiamo al nido, dove il primario che ha visitato Alice ci dice che la glicemia era a 1 mg/dl e stavano tentando di tenerla almeno sui 50 mg/dl con due accessi venosi: uno al collo e uno sul braccino.

Alice passa la sua terza giornata di vita così, nel reparto di patologia neonatale, con queste due flebo e la glicemia che oscillava tra i 20 mg/dl e i 50 mg/dl ma non riusciva a stabilizzarsi nonostante l’apporto di glucosio.

Il primario ci dice che non sanno nemmeno loro quale possa essere la causa di questa ipoglicemia, accenna vagamente alle malattie metaboliche ma si prende ancora del tempo.

Tempo purtroppo sprecato, perché Alice viene tenuta ancora con queste due flebo insufficienti finchè non arrivano, in serata, due crisi convulsive da ipoglicemia.

La vediamo così: nella culletta termica, immobile, pallida, come una bambola di pezza, con le infermiere che in modo molto evasivo e per nulla empatico tentano di rassicurarci e ci comunicano con freddezza disarmante che era stato chiamato il trasporto neonatale d’emergenza che avrebbe portato Alice alla terapia intensiva neonatale dell’Ospedale San Gerardo di Monza perché lì non potevano fare di più.

Il trasferimento in Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale San Gerardo di Monza

Per fortuna poco dopo arriva il nostro angelo in camice bianco, cui saremo eternamente grati perché insieme al suo team ha salvato la vita alla nostra bambina. In men che non si dica Alice è nell’incubatrice dell’ambulanza, collegata ad ogni tipo immaginabile di sensore.

Non so spiegare, ma in quel momento ho sentito che eravamo in ottime mani.

Mi faccio dimettere immediatamente anche io e con Andrea saliamo in macchina seguendo l’ambulanza nella notte con il cuore in gola.

Passiamo minuti interminabili nella saletta genitori della TIN mentre ad Alice viene posizionato un accesso ombelicale per permetterle di ricevere una concentrazione maggiore di glucosio. Gli infermieri ci spiegano le regole del reparto e capiamo che quella sarebbe stata la nostra casa per un tempo indefinito.

Nei giorni successivi, Alice viene sottoposta a monitoraggio elettroencefalogramma continuo, ecografia cerebrale, risonanza magnetica… risulta tutto nella norma e le glicemie piano piano sembrano stabilizzarsi. Riesco a tirare il latte e dopo qualche giorno finalmente riusciamo a prenderla di nuovo in braccio, imparando a destreggiarci tra tubi e cavi vari.

L’infezione

Dopo la prima settimana, in cui la situazione pian piano stava diventando più tranquilla, improvvisamente Alice sta male. Arriviamo una mattina e la troviamo di nuovo in culla termica, con monitoraggio elettrocardiogramma, l’accesso ombelicale era stato rimosso e al suo posto era comparso un accesso sulla testolina. Per noi un altro colpo al cuore.

Il giorno prima la dottoressa ci aveva ventilato che, se la situazione fosse rimasta in miglioramento, avremmo potuto portare la nostra piccola a casa la settimana seguente. Invece… Alice aveva la febbre e un brutto rash cutaneo, sintomi di infezione sistemica da stafilococco aureo, complicanza relativamente frequente quando c’è un accesso delicato come quello ombelicale.

Gli esami del sangue non vanno bene, la PCR è elevata, l’emocoltura positiva, le piastrine bassissime e le glicemie avevano ricominciato a ballare a causa dell’infezione.

Inizia un bombardamento di antibiotici ad ampio spettro, quattro trasfusioni di piastrine, continui prelievi del sangue, nutrizione parenterale, si continua a controllare la glicemia ma non si possono fare ulteriori indagini per venire a capo dell’ipoglicemia iniziale finchè l’infezione non verrà debellata.

Passano giornate interminabili in cui si aggiungono altre complicazioni, ma poi, finalmente, piano piano arrivano i miglioramenti e l’infezione finalmente sparisce. Alice migliora e cresce giorno dopo giorno..e così, il giorno del suo primo comple-mese, 8 novembre, ci trasferiscono in terapia post intensiva con un solo filo attaccato!!

Continuiamo il ciclo di antibiotico ed eparina e finalmente possiamo ritornare tutti a concentrarci sul motivo per cui eravamo lì e non a casa nostra..le glicemie!

Vengono avvisate le pediatre che si occupano di malattie metaboliche che suggeriscono monitoraggi glicemici pre e post 1 ora dai pasti, che devono essere piccoli e frequenti.

La diagnosi di Iperinsulinismo Congenito (CHI)

Quando finalmente Alice raggiunge i 4 kg di peso, viene eseguito il test al glucagone che esclude la diagnosi di glicogenosi e conferma quella di iperinsulinismo congenito.

La specialista ci spiega che non esiste una cura specifica ma utilizzeremo il diazossido che ci aiuterà a ridurre i picchi di insulina e controlleremo essenzialmente con una dieta senza zuccheri semplici.

Veniamo quindi trasferite in pediatria per proseguire antibiotico ed eparina e per controllare pasti e glicemie.

Dopo una settimana, il 20 novembre, veniamo dimesse con la raccomandazione di somministrare ad Alice pasti frazionati e ad intervalli di non più di 2 ore e mezza, monitorando la glicemia prima e dopo ogni pasto.

Durante la permanenza nel reparto di pediatria, ogni pediatra ha voluto dare il suo parere, non richiesto, sull’allattamento al seno piuttosto che sull’effettuare o no la pesata pre e post pasto, o sull’allattamento con latte artificiale. Queste “correnti di pensiero” ci hanno un po’ destabilizzato perchè erano pareri discordanti e contraddittori tra loro, soprattutto rispetto a quello che ci avevano raccomandato in terapia intensiva: pasti calibrati e controllati.

Come potevamo essere sicuri di quanto avesse mangiato Alice se l’avessi attaccata al seno e al tempo stesso non effettuare pesate “perchè altrimenti vai in paranoia”? In una situazione fragile fisicamente ed emotivamente come quella in cui eravamo è stato difficile ritrovare l’equilibrio mentale e soprattutto razionale per poter fare il meglio per nostra figlia.

La vita quotidiana e il passaggio in Clinica De Marchi

Prima dello svezzamento i pasti di latte di Alice erano circa 9 al giorno, ridotti molto lentamente di numero aumentando poco alla volta l’intervallo tra un pasto e l’altro e aumentando gradatamente la quantità di latte e monitorando sempre la glicemia prima del pasto e a un’ora.

Lo svezzamento è stato molto difficile, perché l’indicazione medica era quella di evitare del tutto anche la frutta, perché ritenuta troppo zuccherina; quindi siamo partiti subito con le pappe saltando lo step obbligato della frutta grattugiata.

Alice, come tanti altri bambini, non gradiva nulla di solido o semi solido, voleva solo e soltanto il latte e questa difficoltà creava in noi stress e ansia perché i medici che ci seguivano in quel momento ritenevano fondamentale il passaggio quasi immediato alle pappe per avere un miglior controllo della glicemia.

Più o meno quando Alice aveva 8 mesi, abbiamo iniziato a sentire l’esigenza di sottoporre la nostra situazione ad altri specialisti e così abbiamo fissato un appuntamento con il reparto di Malattie Metaboliche in Clinica De Marchi.

Con la dottoressa Menni è stato subito feeling, inoltre, l’approccio nella gestione della patologia di Alice era molto più tranquillo e rassicurante rispetto a quello più “estremo” dei medici che ci avevano seguito fino a quel momento, per cui non lo nego, anche per recuperare un briciolo di serenità mentale, abbiamo deciso di fare il passaggio in cura presso la De Marchi.

In questo periodo, era giugno 2016, riceviamo anche l’esito dell’esame genetico effettuato ad Alice, a me ed Andrea.

L’analisi è negativa per quanto riguarda le mutazioni sui geni noti per causare l’iperinsulinismo congenito ma viene riportata una variante (non presente in letteratura) su uno dei geni coinvolti (sia in me che in Alice) che però causerebbe diabete neonatale, quindi la dottoressa ci spiega che non è indicativa di iperinsulinismo.

Nel mese di Luglio 2016, Alice effettua anche un monitoraggio holter glicemico continuo per 5 giorni consecutivi.

Osservando il tracciato dell’holter glicemico e il nostro ricco diario di misurazioni giornaliere, la dottoressa ci spiega che il pancreas di Alice risponde molto bene a dosi usuali di diazossido, per cui si sente di considerare il suo iperinsulinismo di tipo “diffuso” e auspicabilmente “transitorio” e non ritiene opportuno fare analisi più approfondite (PET).

Seguono visite di controllo ed esami del sangue periodici, sempre nella norma.

All’età di circa un anno Alice inizia a mangiare in modo più soddisfacente le sue pappe e iniziamo a vivere un periodo più tranquillo in cui riusciamo a diradare i monitoraggi glicemici e a non aumentare il diazossido, lasciando che il pro kg si scali naturalmente con la sua crescita, introduciamo la maizena a crudo per aiutare il controllo del picco glicemico e continuiamo con un regime alimentare che escluda gli zuccheri semplici.

L’apparente ritardo nel linguaggio

Mentre il controllo della glicemia procede bene, verso i 2 anni incominciamo a notare che Alice sembra avere un ritardo nel linguaggio rispetto ai suoi coetanei. La comprensione è buona e anche la comunicazione non verbale, ma le frasi non arrivano. Preoccupati che possa essere un retaggio dell’ipoglicemia neonatale ne parliamo con la dottoressa Menni, che ci consiglia una visita neuropsichiatrica per rassicurarci.

La neuropsichiatra infantile rileva uno sviluppo assolutamente normale ma un ritardo nel linguaggio parlato (ritardo di circa 12 mesi) che stiamo attualmente superando grazie ad alcuni accorgimenti ed esercizi che ci ha suggerito la logopedista. Pare infatti che il suo ritardo espressivo fosse dovuto ad un problema “meccanico” di posizione della lingua (abituata a ciuccio e biberon).

Ad oggi Alice parla molto meglio e migliora di giorno in giorno, complice anche il primo anno di Scuola Materna.

Le crisi epilettiche

All’età di 18 mesi, Alice ha la sua prima puntata febbrile: la temperatura è salita da 37.9 a 39 in mezz’ora ed arriva la sua prima convulsione che in pronto soccorso definiscono “febbrile”, relativamente frequente nei bimbi fino a 5/6 anni.

A circa 2 anni arriva la seconda convulsione, sempre in presenza di febbre (non elevata) dovuta ad un’infezione virale alla gola.

Dall’età di circa 3 anni (agosto 2018) iniziano a comparire quelle che poi verranno identificate come crisi epilettiche. Episodi (terrificanti per un genitore) che avvengono solo nella prima fase del sonno (i primi 20/30 minuti) in cui Alice sembra “svegliarsi”, con gli occhi lateralizzati (più frequentemente a sinistra), con coscienza alterata, mandibola quasi del tutto serrata, conati e vomito.

Questi episodi avvengono per lo più in assenza di febbre e generalmente si risolvono da soli, tant’è che in un primo momento li scambiamo per disturbi di stomaco dato che il vomito era sempre presente; dopo aver vomitato Alice riprendeva a dormire tranquilla, come se avesse superato il “malessere”. Le glicemie sono sempre nella norma ma notiamo che questi episodi avvengono quando è particolarmente stanca o quando non è in forma.

Portiamo all’attenzione della dottoressa Menni queste situazioni ricorrenti ( da settembre 2018 a febbraio 2019, circa 1 al mese) e lei ci indirizza al neurologo della De Marchi, dopo un ricovero lampo all’Ospedale di Vimercate in seguito a una crisi molto prolungata (50 minuti).
Non è facile dai nostri racconti, seppur dettagliati, risalire a una diagnosi, finchè riusciamo a filmare una crisi e a permettere di escludere la diagnosi di “parasonnia” verso “crisi epilettiche”.

Facciamo EEG in privazione di sonno e, nonostante il neurologo lo valuti come “normale”, ci viene proposta una terapia antiepilettica di lunga durata, perché secondo il medico queste crisi possono essere scatenate da un’alterazione dei canali del potassio che sono responsabili anche dell’iperinsulinismo; il neurologo ci riferisce di avere già in cura per un problema simil,e un bambino con iperinsulinismo congenito.

Decidiamo di prendere tempo e consultare un altro neurologo al Centro Regionale per l’Epilessia pediatrica dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano con il dottor Romeo.

Alice viene sottoposta a un nuovo EEG in privazione di sonno, dal quale emergono leggere anomalie epilettiformi nella fase di addormentamento.

Data ultimo aggiornamento: luglio 2019